La nube tossica di Pomezia sta creando non solo dei danni ambientali. I prodotti agroalimentari di Pomezia e di ben 21 Comuni limitrofi sono a rischio per la ricaduta da combustione in seguito all’incendio di venerdì scorso. L’area interessata, piuttosto ampia, non è circoscritta solo allo Stabilimento Eco X.
Qui, difatti, vengono stoccati carta, plastica e altri materiali riciclabili. Questo ha fatto sì che venissero rilasciate nell’area composti potenzialmente tossici per la nostra salute. Non solo idrocarburi policiclici aromatici e derivati, plastificanti, ritardanti di fiamma, composti organici clorurati e metalli pesanti, ora si parla addirittura di amianto.
All’Agenzia Arpa Sud è stato affidato il compito di monitorare aria, suolo e sottosuolo. Per ora i dati raccolti dalle centraline di Roma Sud dicono che i valori sono conformi a quelli previsti dalla legge.
Non è lo stesso per l’area maggiormente esposta. È stata emessa l’ordinanza che vieta raccolta, vendita e consumo di prodotti ortofrutticoli.
4mila ettari di terreni in un raggio di 5 km dove è stato vietato il pascolo del bestiame. Questo è il periodo in cui si taglia il fieno per il foraggio del bestiame, il cui utilizzo è stato anch’esso vietato. Inoltre, l’ordinanza, anche se giusta, penalizzerebbe anche le 150 aziende agricole che lavorano su questi terreni.
A tal proposito la Coldiretti ha deciso di costituirsi parte civile nel procedimento penale che verrà aperto. Si pensa non solo ai danni diretti, ma anche a quelli indiretti e d’immagine, che peseranno d’ora in poi sui prodotti agroalimentari dell’area interessata dalla nube tossica.
Il materiale di risulta del rogo potrebbe, infatti, contaminare anche la nostra alimentazione attraverso latte e carne.
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